Euro Break up-Capitolo 1

Il futuro dell'euro si "deciderà nei prossimi sei mesi" ma se Berlino non cambierà la propria posizione "la moneta unica è finita". L'ennesima funesta profezia sull'euro arriva da uno dei consiglieri economici di Angela Merkel, Peter Bofinger, in una intervista al settimanale finanziario tedesco Wirtschaftswoche.

Esordisce cosi il consigliere della Merkel parlando dell’Europa e del prossimo futuro che vedrà nel 2012 l’anno della verità.
Il 2010 era stato quello della Grecia, la paura di farla fallire, ma allo stesso tempo le elezioni tedesche avevano fatto prendere tempo alla cancelliera facendo andare sul lastrico il paese ellenico.
Il 2011 l’ondata del debito è arrivata alla periferia dell’Euro con Spagna, Portogallo e Italia che hanno visto crescere i propri costi per pagare il debito e aleggiare così la seria possibilità di far saltare l’unione economica europea.
Alle porte si affaccia il 2012, è già stato convocato l’Ecofin il 9 Gennaio con massima urgenza , perché la crisi di liquidità bancaria , la recessione alle porte e titoli di debito da piazzare per 400 mld sono un allarme stile nucleare.

UBS pochi mesi a ha redatto uno studio sui costi di un possibile Euro break up, nel breve e nel medio termine sarebbe il deserto, una terra arida che porterebbe gli spettri del 1929, la Grande depressione con una crisi di liquidità capace di generare conflitti sociali epocali.
Gli scenari si dividono in : Uscita dei paesi in difficoltà oppure uscita della Germania.

Uscita dei paesi periferici

• La svalutazione della nuova moneta toccherebbe il 60% rispetto all’euro,
• I promessi benefici sull’export sarebbero però nulli «perché l’Ue potrebbe imporre barriere tariffarie pari al 60% o superiori a danno del Paese secessionista»
• Alla fine, arriverebbero la disgregazione politica e il «disordine civile»
• Il declino dei volumi commerciali si aggirerebbe intorno al 50%.
• Solo i «costi iniziali» per cittadino varierebbero dai 9.500 agli 11.500 euro a persona, che si sommerebbero ad altri 3-4mila euro per ogni anno successivo. L’equivalente del 40-50% del Pil.
Uscita della Germania
• Il quadro cambia abbastanza, anche se il crollo del Pil sarebbe nell’ordine del 20-25% nel primo anno
• Nessun default sul debito pubblico, nessun assalto alle banche, ma l’apprezzamento (40%) della nuova moneta nazionale «distruggerebbe l’industria esportatrice» (-20% l’export) con conseguenti tensioni economiche e sociali
• Ogni tedesco, neonati inclusi, pagherebbe così 6-8mila euro. E altri 3-4.500 euro per ogni anno successivo all’uscita dall’Eurozona. Il costo totale di un default greco o portoghese peserebbe invece per soli mille euro “una tantum” a carico di ciascun tedesco

E’ veramente possibile una distruzione dell’Euro?
Praticamente si , anche se sarebbero da calcolare degli equilibri sociali ancora sconosciuti quali il peso determinante che avrebbero Cina e Usa. Dollaro ed export cinese sarebbero messi sotto pressione in maniera devastante, e si rischierebbe un collasso finale delle economie emergenti incapaci di riassorbire il plus produttivo. A questo punto ci si chiede che gioco stia facendo la Germania. Ha una strategia? Quale?
Essere forte tra i deboli è sempre stata una caratteristica tedesca, pensare di essere la migliore ( pur con qualche ragione visto che conti e etica tedesca non possono essere paragonate alla comicità Greca, Italiana e Spagnola),ma pensare di essere fulcro di un mondo che non c’è più è un grave atto di arroganza.
L’economia mondiale ormai ha nell’Europa solo una delle protagoniste, l’idea di pensare che L’Europa disorganizzata o peggio ancora un solo stato possano essere protagonisti, potrebbe costare molto cara e per capire questa deduzione basta guardare un paio di numeri riferiti alla distribuzione della popolazione mondiale( 400 mln su 7 mld), l’origine delle risorse e combustibili ( Latin america, Asia e Africa) e la provenienza dei nuovi capitali ( Asia e Medio oriente).
L’Europa , deve cambiare marcia, unire le risorse e le politiche comunitarie per mettere in gioco capitali, idee e fiscalità. Ottenuta l’’unione politica, per rafforzarsi e competere deve dar vita ad una politica di prestiti finanziari interni con % di interesse vicino all’inflazione ( 2-3%) e dar vita ad una nuova era di investimenti, politiche di welfare e ricerca,ma tutto sempre all’insegna del marchio EU.

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